4. Dare voce alle storie

DSC_3884b-2Schifosissimi ficcanaso dell’antro di Scuro,

il tempo vola, e siamo già arrivati alla metà delle puntate della mia rubrica sul «Corriere del Ticino». Il quarto suggerimento per catturare giovani lettori riguarda la specialità del vostro vecchio amico con la barbaccia: la lettura ad alta voce. Sì, perché leggere bene, in modo espressivo, è fondamentale per far vivere le storie. Ecco che cosa scrivo a pagina 26 del «Corriere del Ticino» (22.07.2016):

Per gli schifosi peli della mia barbaccia! Tra un grugnito e uno sbuffo, siamo arrivati al quarto suggerimento per catturare giovani lettori. Oggi vi parlo della lettura espressiva: leggere bene, ad alta voce, per far vivere le storie.

Banale, vero? Tutt’altro! Soprattutto se si pensa a quali dettagli bisogna curare per farlo. Ad esempio il ritmo: se stiamo leggendo una sequenza concitata, dovremmo adeguare la nostra voce all’incalzare degli eventi, rendere il ritmo veloce, fino a toglierci il fiato; se stiamo leggendo una sequenza dai tratti pacati e tranquilli, magari una descrizione bucolica, dovremmo leggere lentamente, con pacatezza (non mi riesce molto bene, lo ammetto); possiamo farci aiutare, nel cadenzare il ritmo, dalla guida dei segni di punteggiatura, che hanno la virtù di scandire le frasi e i periodi; ma ogni tanto possiamo anche decidere di non rispettarli, se intuiamo che un passaggio necessita di una nostra interpretazione un po’ creativa. Ci sono poi il volume, il tono e il timbro: non si deve arrivare all’urlo stridulo modello sirena dei pompieri, che può anche disturbare invece di avvincere (una volta mi è capitato di sentire una lettrice produrre un suono simile all’allarme aereo, e, siccome non ho capito subito che cosa stava succedendo, me la sono data a gambe levate, inciampando negli schifosi peli della mia barbaccia), ma se dobbiamo riprodurre il parlato di due personaggi che discutono animatamente, un innalzamento del volume è d’obbligo; così come è d’obbligo variare il tono e il timbro: se parla un orco, o un lupo, o una specie di stregone (come il sottoscritto), un tono basso e un timbro roco ci stanno a pennello; se la parola passa a una strega dall’aspetto pungente e sottile, una vocina stridula e acuta è quel che ci vuole (ma, mi raccomando, evitate gli eccessi: è fin troppo facile varcare il confine che separa la bravura dalla ridicolaggine). Bisogna poi prestare molta attenzione alle parole-chiave, cioè a quelle parole nelle quali si concentrano i significati centrali della narrazione: bisogna farle sentire, pronunciarle con enfasi, con meditata lentezza, con tono diverso; insomma, l’ascoltatore deve capire che lì si annida il cuore pulsante degli eventi. Non si deve trascurare l’importanza dell’articolazione dei muscoli della bocca: in corrispondenza di scene cariche di pathos o di drammaticità, muovere la bocca in modo molto marcato, digrignare i denti, sibilare, e accompagnare il tutto con l’espressività degli occhi (le mie specialità, insomma), tutto ciò aiuta a coinvolgere l’ascoltatore e a immergerlo nella forza emotiva del racconto. Già, perché forse la cosa più importante è proprio questa: il coinvolgimento emotivo. Ed è possibile ottenerlo solo a patto di farsi, come lettore, tutt’uno con la storia: dobbiamo sentirla scorrere dentro di noi, interiorizzarla, per poi iniettarla nella nostra voce. La storia che diventa voce: ecco il segreto!

Volete provarci? Non potete perdervi Lo Yark (LO editions, 2015) di Bertrand Santini, nella strabiliante traduzione di Paola Gallerani. Una storia molto noir, ironicamente macabra, di un orco mangia-bambini-buoni, che avvince soprattutto per il ritmo e la musicalità delle parole: è una narrazione in prosa, ma i periodi e le frasi giocano spesso con le rime, con esiti stilistici di qualità assoluta. Un invito a nozze per mettere alla prova la propria voce (magari ispirandovi al CD audio allegato, con la lettura integrale di Franco Sangermano). Che aspettate?

Non perdetevi lo Yark!

yarkSchifosissimi ficcanaso dell’antro di Scuro,

la mia amica strega Francesca, quella che vive nel Sognalibro di Gordola, mi ha prestato un libro (in realtà, credo proprio che non lo rivedrà più…), e devo dire che ha azzeccato in pieno (si vede che ormai conosce bene i miei orridi gusti), perché il libro è memorabile, e per questo ve ne voglio parlare. Pensate che l’ho letto due volte nel giro di 24 ore…

Ebbene, il libro si intitola Lo Yark (LO editions, Milano, 2015), ed è scritto da Bertrand Santini e magistralmente illustrato da Laurent Gapaillard. Allegato al libro, c’è anche un CD audio con la lettura integrale dell’attore Franco Sangermano, che ha la fortuna di avere una voce adattissima a questo tipo di storia. Appunto, la storia: narra le avventure dello Yark, una specie di orco al quale piacciono i bambini e che «adora sentir scrocchiare i loro ossicini sotto i denti, e succhiare i loro teneri bulbi oculari come caramelle fondenti. Va pazzo per i loro ditini, per i loro piedini, per le loro linguette che mastica con un pizzico di menta, come una prelibatezza zuccherosa e deliziosamente appiccicosa» (p. 3).

Da questo breve estratto forse avrete capito perché mi piace tanto: sicuramente perché è molto politicamente scorretto, è molto divergente, è molto ben scritto e superbamente tradotto (da Paola Gallerani), la qual cosa è fondamentale per l’impatto che ha la storia su un lettore come me, che ama le parole ricercate e musicali. Come avrete visto, infatti, il testo presenta molte rime, pur essendo in prosa, e ciò lo rende perfetto per una scoppiettante lettura ad alta voce (sono certo che prima o poi lo leggerò anch’io in pubblico… mi piace troppo!). Inoltre, nasconde dei significati molto pungenti, trasmessi con ironia e forza al tempo stesso, e in alcuni punti fa sbellicare dalle risate (soprattutto quando lo Yark, che è allergico ai bambini cattivi, ne ingurgita per sbaglio uno… ma non vi dico che cosa gli succede per non rovinarvi la sorpresa: vi basti sapere che ho rischiato di rimanere soffocato dalla mia stessa barbaccia dal gran che mi rotolavo a terra dal ridere). Non vi dico altro, in primo luogo perché non ne ho voglia (l’avrete capito che sono burbero e antipatico, no?), in secondo luogo perché voglio lasciarvi liberi di godervelo fino in fondo, senza sapere a quali sorprese andrete incontro.

Ebbene, userò questo libro per rispondere a qualche editore che mi dovesse respingere una proposta editoriale divergente bollandola come troppo forte e sconveniente: insomma, basta avere un po’ di coraggio e si possono pubblicare storie belle, divertenti e dissacranti come Lo Yark. A mio modestissimo parere, uno dei libri più gustosi che sono capitati nelle mie sporche grinfie negli ultimi anni.

E allora, che aspettate a leggerlo? Se volete un assaggio del CD allegato, potete cliccare su questo link, nella pagina dell’editore, e ascoltare le prime pagine del libro. Poi fatemi sapere, mi raccomando, per gli schifosi peli della mia barbaccia!