2. Trovare il posto giusto per leggere

DSC_3850bSchifosissimi ficcanaso dell’antro di Scuro,

eccoci al secondo punto del mio personalissimo ottalogo per catturare giovani lettori. Qual è? Be’, non siate frettolosi: per scoprirlo, leggetevi che cosa ho scritto sul «Corriere del Ticino» di oggi (15.07.2016, p. 27):

Per gli schifosi peli della mia barbaccia! Bentornati nell’antro di Scuro! E siccome mi sono già presentato la volta scorsa, quando abbiamo considerato l’importanza di sorprendere il nostro pubblico, partiamo subito con il secondo suggerimento per accalappiare giovani lettori: creare il contesto adatto.

Ragioniamo per assurdo: se mi venisse in mente di comparire in Piazza Grande, a Locarno, durante il Festival o nel bel mezzo di Moon and Stars (o anche in una qualunque più anonima assolata giornata d’estate), vestito con il mio fido saio e con i miei puzzolentissimi sandali ai piedi, sventolando la mia sudicia barbaccia ai quattro venti e brandendo in mano un albo illustrato, è assai probabile che, invece di catturare lettori, finirei per essere catturato io stesso, sì, ma dalla Polizia, per portarmi a scoprire un altro antro non troppo piacevole da visitare (la gattabuia, intendo). Questo pittoresco scenario dice in modo molto chiaro e narrativo una cosa precisa: va bene sorprendere, ma il contesto nel quale facciamo la nostra comparsa per leggere non è indifferente alla riuscita della nostra missione (la ricordo: far incontrare libri e bambini). In altre parole, se non lo prepariamo bene, con cura e dedizione, ogni sforzo, per quanto encomiabile, risulterebbe vano: faremmo soltanto una brutta figura e ci sentiremmo tremendamente tristi e scorati. Inutili.

Come fare, dunque, per predisporre il terreno, affinché sia pronto ad accogliere i semi di storie e a far germogliare i virgulti della narrazione (che poeta!)? Prima di tutto bisogna scegliere il luogo adatto: non certo un supermercato o l’ufficio circondariale di tassazione, dove la gente ha altre cose da fare e da pensare; e nemmeno il cortile della scuola nel bel mezzo della ricreazione, dove i bambini hanno tutto il diritto di sfogarsi, correre e urlare; piuttosto, un luogo dove i libri si sentono di casa. Ad esempio una biblioteca, una libreria, un teatro, un’aula scolastica, una cameretta, davanti al camino, quando viene sera, prima di dormire. Insomma, luoghi e momenti “protetti”, in cui ci si senta tranquilli, al sicuro, ben disposti all’ascolto.

Poi, bisogna eliminare tutte le possibili fonti di distrazione, perché l’ascolto delle buone storie ha bisogno di molta attenzione. Dunque, spegnere televisioni, cellulari, computer, iPad e altri ammennicoli tecnologici. Può andare bene una leggera musica di sottofondo, coerente con la storia che stiamo per iniziare, per creare l’atmosfera giusta. Così come la luce, che non deve essere abbagliante, ma soffusa e rilassante. Se poi siamo in una classe e usiamo un albo illustrato, dovremmo disporre i bambini a semicerchio, in modo che possano tutti (nessuno escluso!) vedere bene il libro che teniamo in mano (all’altezza del loro sguardo, mi raccomando!). Infatti, se il numero di bambini non è troppo grande, almeno per una prima lettura è meglio evitare di proiettarne le immagini attraverso un marchingegno elettronico. I bambini sono fin troppo abituati ad armeggiare con gli iPad, dunque è bene proteggerli da ulteriori inutili esposizioni ai pixel e far sentire loro il profumo delle pagine fruscianti.

Un libro per combinare bene i primi due suggerimenti (sorprendere e curare il contesto)? Per restare sul tema della scorsa puntata, La vera storia dei tre porcellini di Jon Scieszka e Lane Smith (Zoolibri, 2010), da raccontare con una bella voce lupesca. Se i vostri giovani lettori hanno gusti un po’ macabri, risate a crepapelle assicurate!

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