Schifosissimi ficcanaso dell’antro di Scuro,
oggi è un gran giorno per il vostro vecchio pazzo missionario della narrazione: infatti, la data odierna segna la mia irruzione sulle pagine del «Corriere del Ticino», come tetro curatore di una nuova rubrica, che si chiama appunto L’antro di Scuro Moltamorte. Lo scopo che mi prefiggo con questa nuova giornalistica missione è di proporre all’attenzione di tutti una serie di otto suggerimenti per catturare giovani lettori (alla fine, vi offrirò il cosiddetto “Ottalogo di Scuro Moltamorte”).
La prima puntata è dedicata alla presentazione di me medesimo (se mai ci fosse qualcuno che ancora non mi conosce) e all’illustrazione del primo suggerimento. Per soddisfare la vostra inarrestabile curiosità, riporto qui sotto il testo dell’articolo («Corriere del Ticino», 13.07.2016, p. 22), che comunque potete leggere nella sue versione originale cliccando sull’immagine.
Per gli schifosi peli della mia barbaccia! Dopo aver scorrazzato in TV, sui social network, in teatro, nelle librerie, nelle scuole e persino per i corridoi del DFA di Locarno, eccomi anche qui, a fare chiassosa irruzione sulle pagine del «Corriere del Ticino», dando il benvenuto ai lettori che da oggi e per altre sette puntate decideranno (a loro rischio e pericolo) di avventurarsi nel mio antro. Sì, un oscuro luogo in cui si parlerà di libri e di storie.
Ma, prima di iniziare, a beneficio di chi ancora non mi conoscesse, almeno due parole di presentazione: il mio nome è Scuro, Scuro Moltamorte. Sono uno schifosissimo missionario della narrazione. “Schifosissimo” perché mi aggiro per il Ticino (e per il mondo tutto) con la mia lunga barbaccia bianca incrostata di sporcizia e insetti, vestito di un saio tetro e con i piedoni infilati in un paio di consunti e puzzolenti sandali di cuoio, armato solo di un sacco di juta in cui custodisco gelosamente… libri! Prevalentemente albi illustrati, ma non solo. “Missionario” perché ho deciso di reificarmi (sì, lo so: ogni tanto mi piace parlare difficile. E allora? Non lo sapete che gli esseri umani, soprattutto in tenera età, adorano scoprire nuove parole, dai suoni articolati e complessi?), dicevo, ho deciso di materializzarmi (mi piacciono anche i sinonimi, perifrasi e parafrasi comprese) per diffondere il verbo della narrazione tra le nuove generazioni; sono infatti convinto che solo due cose possano salvare il nostro mondo bislacco dallo sfacelo generale e dall’inebetimento provocato dal consumismo esasperato e dalle nuove tecnologie: i bambini e le narrazioni. I pargoli con gli occhi ancora pronti a meravigliarsi. I fanciulli incorrotti. Le storie. I buoni libri. Sì, la mia missione è di far incontrare libri e bambini, per far nascere la scintilla della speranza e per non farla morire. Mai! Ecco tutto.
Ed eccoci a noi: quando mi verrete a trovare in questo antro, vi suggerirò alcune strategie (otto, per la precisione) per accalappiare lettori e anche qualche buon libro per avvincerli, in modo che poi non vogliano più smettere. Insomma, vi aiuterò a inculcare loro un vizio che, al contrario del fumo, può creare indipendenza (mi piacciono anche i giochi di parole, ovviamente).
E il primo suggerimento è questo: bisogna sorprenderli. La sorpresa desta l’interesse, assopito dalla routine. Se vi si piazzasse all’improvviso davanti un vecchio pazzo vestito da frate, con una barbaccia lunga tre metri e lo sguardo allucinato, mentre brandisce in mano un albo illustrato e si mostra impaziente di leggerlo, non rimarreste sorpresi? Esterrefatti? Increduli? E non vi nascerebbe la voglia di sapere che cosa ha di così importante da raccontarvi? Io credo proprio di sì. Poi, dopo aver destato la sorpresa, bisogna anche avere il coraggio di farsi un po’ da parte, di mettersi in secondo piano (cosa che, lo ammetto, non mi riesce sempre molto facile: ho una presenza e un ego, come dire, un po’… ingombranti), per lasciare la parola alla storia. Magari, una storia anch’essa sorprendente.
Ne volete una? La raccolta Versi perversi (Salani, 1993) di uno dei miei autori preferiti, Roald Dahl: per sapere come sono andate veramente alcune delle più note fiabe tradizionali e per scoprire che razza di bambina è, davvero, quella volpe di Cappuccetto Rosso, che se ne va in giro per il bosco con due pellicce lupesche e una borsa da viaggio in pelle di maiale. Come mai? Be’, non vi rovino di certo la sorpresa…